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Scoperte Archeologiche
In questa sezione del sito, è stata inserita una vasta documentazione riguardante tutte le scoperte di tipo archeologico ed archeoastronomico, realizzate dal Dr. Daniele Cataldi, all'interno del territorio italiano a partire dal 2010, epoca in cui si è avvicinato a tale ambito di ricerca. Alcune delle scoperte qui inserite sono state realizzate grazie all'importante contributo di altri ricercatori ed appassionati amatoriali.
In alto: localizzazione geografica di alcuni siti archeologici in parte scoperti dall'autore, dove è stato possibile realizzare scoperte importanti.
In alto: mappa realizzata dall'autore con i luoghi dove è possibile far decollare il Drone per riprendere elementi archeologici o naturali di particolare importanza e bellezza.
Presentazioni in PowerPoint relative alle scoperte realizzate
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Pilara - Monte Artemisio - 16 Aprile 2013
Vasche quadrangolari orientate astronomicamente
16_04_2013_08_41.kml | |
File Size: | 198 kb |
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pilozza(1).kml | |
File Size: | 154 kb |
File Type: | kml |
pilozza.kml | |
File Size: | 21 kb |
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L'escursione avvenuta assieme al ricercatore Riccardo Bellucci ha portato alla scoperta dell'orientamento astronomico delle depressioni quadrangolari presenti su Monte Artemisio (Velletri RM), già conosciute da tempo ma ancora poco studiate. I particolari importanti di tale orientamento consistono nella loro perfetto orientamento rispetto all'asse Est-Ovest. Dai dati raccolti è stato possibile dedurre come all'interno di tali vasche si raccogliesse l'acqua piovana, che con una serie di piccoli tagli nella roccia veniva dispersa in altre depressioni dalla forma geometrica particolare, in concomitanza con eventi astronomici importanti ed indicativi, quali ad esempio: solstizi ed equinozi. Alcune delle depressioni ancora visibili sembrano avere una funzione diversa, probabilmente per sorreggere un qualche tipo di struttura in legno utilizzata a scopo religioso.
Alcune delle vasche quadrangolari risultano orientate perfettamente sull'asse Est-Ovest, la foto sottostante mostra ad esempio il nord magnetico. Se ruotiamo di 11 gradi ci accorgiamo che la vasca è perfettamente orientata con l'asse geografico.
Altri tagli e canali scavati nella roccia sembrano invece orientati con il solstizio estivo, come nel caso del canale ripreso nell'immagine sottostante:
Dati digitalizzati dell'escursione
Dati digitalizzati dell'escursione e rilevamenti geomagnetici
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Monte Artemisio - 28 Aprile 2013
Reperto Vetrificato di origine antichissima
Il 28 Aprile 2013, il Dr. Daniele Cataldi realizza un'importante scoperta in ambito archeologico, ancora oggi sconosciuta a livello accademico: il ritrovamento è avvenuto presso uno sterrato localizzato in prossimità di un villaggio Protostorico denominato: "Monte dei Ferrari". Risalente secondo i dati della soprintendenza archeologica al 1600-1400 a.C. L'anomalia consiste nella presenza di una vetrificazione dell'argilla su un frammento realizzato dall'uomo il quale non è possibile spiegare a fronte del fatto che la vetrificazione si verifica a 1200°C e in epoche passate, secondo i dati storici, tale temperatura non era possibile raggiungerla, nemmeno a fronte di grandi incendi e fenomeni naturali similari. L'escursione è stata realizzata grazie al supporto del ricercatore Riccardo Bellucci.
Foto realizzate al microscopio
Parte dei Riferimenti bibliografici in merito alla possibilità di vetrificazione nell'antichità:
- ACCONCIA 2002 ACCONCIA V., “Ceramica etrusca”, in CAMPANA S. (a cura di), Murlo. Carta Archeologica
della Provincia di Siena. 5, Siena 2002, 199-202
- ACCONCIA 2004 ACCONCIA V., “Note sulla produzione e tecnologia del bucchero etrusco”, in NASO
2004, 281-291
- ACCONCIA ET AL. 1999 ACCONCIA V., AIELLO M., “I tipi più antichi di fornaci da ceramica in ambito etrusco:
l’esempio di Monteriggioni-Campassini”, in Studi Etruschi 63, 1997 (1999), 349-358
- ACCONCIA ET AL. 2002 ACCONCIA V., BANDINELLI G., ZINELLI D., “Colle Val d’Elsa (SI), località Quartaia.
resoconto delle prime attività di scavo”, in MANGANELLI M., PACCHIANI E., Città e
territorio in Etruria. Per una definizione di città in Etruria settentrionale. Colle Val d’Elsa 2002, 149-160
- BARICCO 2002 BARICCO A., Next. Milano 2002, 66-segg.
- BARTOLONI 2001 BARTOLONI G., “Evoluzione degli insediamenti capannicoli dell’Italia centrale
tirrenica”, in BRANDT J.R., KARLSSON L. (a cura di), From Huts to Houses. Transformations
of Ancient Societies. Stockholm 2001, 361-374
- BARTOLONI ET AL. 1980 BARTOLONI G. ET ALII, 1.Dizionari terminologici. Materiali dell’età del Bronzo finale e della prima età del Ferro. Firenze 1980
- BIANCHI BANDINELLI ET AL. 1973 BIANCHI BANDINELLI R., GIULIANO A., Etruschi e Italici prima del dominio di Roma. Milano 1973, 195-segg.
- BOULOUMIÉ 1972 BOULOUMIÉ B., “Murlo (Poggio Civitate, Sienne). Céramique grossière locale.
L’instrumentum culinaire”, in MEFRA 84, 1972, 61-110
- BOULOUMIÉ 1978 BOULOUMIÉ B., “Nouveaux instruments culinaires (?) en céramique de Murlo (Poggio
Civitate)”, in MEFRA 90 1978, 113-131
- BOULOUMIÉ-MARIQUE 1978 BOULOUMIÉ-MARIQUE A., “La céramique commune de Murlo (Poggio Civitate)”, in
MEFRA 90, 1978, 51-112
- CAMERINI 1977 CAMERINI E., Il bucchero etrusco. Roma 1977
- CAMPOREALE 1997 CAMPOREALE G., L’abitato etrusco dell’Accesa. Il quartiere B. Roma 1997
- CAMPOREALE 2000 CAMPOREALE G., “La ceramica arcaica: impasti e buccheri”, in TORELLI M. (a cura di),
Gli Etruschi. Milano 2000, 405-419
- CARAFA 1995 CARAFA P., Officine ceramiche di età regia. Produzione ceramica d’impastoa Roma dalla fine
dell’VIII alla fine del VI secolo a.C. Roma 1995
- CASSANO ET AL. 1995 CASSANO M., MUNTONI I., CONATI BARBARO C. (a cura di), Dall’argilla al vaso.
Fabbricazione della ceramica di una comunità neolitica di 7000 anni fa. Roma 1995
- CIACCI 2002 CIACCI A., “I ‘palazzi’ di Poggio Civitate”, in CAMPANA S. (a cura di), Murlo. Carta
Archeologica della Provincia di Siena. 5, 2002, 282-292
- CIACCI 2004 CIACCI A., (a cura di), Monteriggioni-Campassini. Un sito etrusco nell’Alta Valdelsa. Firenze
2004
- CIACCI ET AL. 2006 CIACCI A., MORONI LANFREDINI A., “Sansepolcro (AR). Trebbio”, in Notiziario della
Soprintendenza per I Beni Archeologici della Toscana. Firenze 2006, 370-374
- COMINI c.s. COMINI A., “Le fornaci del Trebbio (Sansepolcro-AR): considerazioni tipologiche e contesti di riferimento, in Atti del Convegno Internazionale di Studi “Città di Montefiascone”, in Piana fiorentina, Valdarno e aree limitrofe. Studi recenti e nuovi dati dalla ricerca archeologica, Montefiascone, 28 maggio 2005, c.s.
- CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976
- CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976
- CRISTOFANI 1978 CRISTOFANI M., L’arte degli Etruschi. Produzione e consumo. Torino 1978, 131-segg.
- CRISTOFANI 1983 CRISTOFANI M., Gli Etruschi del mare. Milano 1983
- CRISTOFANI 1985 CRISTOFANI M. (a cura di), Dizionario della civiltà etrusca. Firenze 1985
- CRISTOFANI ET AL. 1984 CRISTOFANI M. ET ALII, Gli Etruschi. Una nuova immagine. Firenze 1984
- CUOMO DI CAPRIO 1971-72 CUOMO DI CAPRIO N., “Proposta di classificazione delle fornaci per ceramica e laterizi in area italiana”, in Sibrium 11, 1971-72, 371-461
- CUOMO DI CAPRIO 1985 CUOMO DI CAPRIO N., La ceramica in archeologia. Roma 1985
- CUOMO DI CAPRIO 2007 CUOMO DI CAPRIO N., Ceramica in archeologia 2. Antiche tecniche di lavorazione e moderni metodi d’indagine. Roma 2007
- D’AGOSTINO 1998 D’AGOSTINO B., “A proposito di un’antefissa a gorgoneion da Chiusi”, in AAVV., In
memoria di Enrico Paribeni. Roma 1998, 31-38.
Altre fonti sono reperibili on-line: basta ricercare: temperatura di vetrificazione dell'argilla... http://www.tuttowebitalia.com/mat.../materiali-ceramici.html e vagliare i dati tecnici. Verificare quali fenomeni eruttivi sono avvenuti nel passato nell'area de Cratere Laziale, come l'ultima eruzione del cratere laziale... it.wikipedia.org/wiki/Vulcano_Laziale che giustificherebbe tale vetrificazione se il reperto fosse stato a contatto o in prossimità con della lava. Ci tengo a precisare che il reperto non è smentibile e che le foto mostrano un frammento di vaso in argilla realizzato da mano umana, recuperato nell'area archeologica del monte Peschio e Pilara... sul Monte Artemisio. Area archeologica di cui la soprintendenza di Roma ne ha completa mappatura. La ricerca scientifica è un'attività umana avente lo scopo di scoprire, interpretare e revisionare fatti, eventi, comportamenti o teorie relative alla natura usando i metodi scientifici, cioè basati sul metodo scientifico.
La ricerca scientifica è la metodologia usata per accrescere la conoscenza all'interno della scienza ed è ritenuta, in ambito economico, uno dei fattori chiave per la crescita economica e lo sviluppo economico della società nel medio-lungo periodo, in virtù della sua potenziale capacità di fornire innovazione attraverso l'applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche, favorendo così il progresso della società noto come progresso tecnico e scientifico. La ricerca scientifica è portata avanti dalla comunità scientifica secondo sue proprie metodologie di valutazione della ricerca.
- ACCONCIA 2002 ACCONCIA V., “Ceramica etrusca”, in CAMPANA S. (a cura di), Murlo. Carta Archeologica
della Provincia di Siena. 5, Siena 2002, 199-202
- ACCONCIA 2004 ACCONCIA V., “Note sulla produzione e tecnologia del bucchero etrusco”, in NASO
2004, 281-291
- ACCONCIA ET AL. 1999 ACCONCIA V., AIELLO M., “I tipi più antichi di fornaci da ceramica in ambito etrusco:
l’esempio di Monteriggioni-Campassini”, in Studi Etruschi 63, 1997 (1999), 349-358
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territorio in Etruria. Per una definizione di città in Etruria settentrionale. Colle Val d’Elsa 2002, 149-160
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of Ancient Societies. Stockholm 2001, 361-374
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- BOULOUMIÉ 1972 BOULOUMIÉ B., “Murlo (Poggio Civitate, Sienne). Céramique grossière locale.
L’instrumentum culinaire”, in MEFRA 84, 1972, 61-110
- BOULOUMIÉ 1978 BOULOUMIÉ B., “Nouveaux instruments culinaires (?) en céramique de Murlo (Poggio
Civitate)”, in MEFRA 90 1978, 113-131
- BOULOUMIÉ-MARIQUE 1978 BOULOUMIÉ-MARIQUE A., “La céramique commune de Murlo (Poggio Civitate)”, in
MEFRA 90, 1978, 51-112
- CAMERINI 1977 CAMERINI E., Il bucchero etrusco. Roma 1977
- CAMPOREALE 1997 CAMPOREALE G., L’abitato etrusco dell’Accesa. Il quartiere B. Roma 1997
- CAMPOREALE 2000 CAMPOREALE G., “La ceramica arcaica: impasti e buccheri”, in TORELLI M. (a cura di),
Gli Etruschi. Milano 2000, 405-419
- CARAFA 1995 CARAFA P., Officine ceramiche di età regia. Produzione ceramica d’impastoa Roma dalla fine
dell’VIII alla fine del VI secolo a.C. Roma 1995
- CASSANO ET AL. 1995 CASSANO M., MUNTONI I., CONATI BARBARO C. (a cura di), Dall’argilla al vaso.
Fabbricazione della ceramica di una comunità neolitica di 7000 anni fa. Roma 1995
- CIACCI 2002 CIACCI A., “I ‘palazzi’ di Poggio Civitate”, in CAMPANA S. (a cura di), Murlo. Carta
Archeologica della Provincia di Siena. 5, 2002, 282-292
- CIACCI 2004 CIACCI A., (a cura di), Monteriggioni-Campassini. Un sito etrusco nell’Alta Valdelsa. Firenze
2004
- CIACCI ET AL. 2006 CIACCI A., MORONI LANFREDINI A., “Sansepolcro (AR). Trebbio”, in Notiziario della
Soprintendenza per I Beni Archeologici della Toscana. Firenze 2006, 370-374
- COMINI c.s. COMINI A., “Le fornaci del Trebbio (Sansepolcro-AR): considerazioni tipologiche e contesti di riferimento, in Atti del Convegno Internazionale di Studi “Città di Montefiascone”, in Piana fiorentina, Valdarno e aree limitrofe. Studi recenti e nuovi dati dalla ricerca archeologica, Montefiascone, 28 maggio 2005, c.s.
- CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976
- CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976
- CRISTOFANI 1978 CRISTOFANI M., L’arte degli Etruschi. Produzione e consumo. Torino 1978, 131-segg.
- CRISTOFANI 1983 CRISTOFANI M., Gli Etruschi del mare. Milano 1983
- CRISTOFANI 1985 CRISTOFANI M. (a cura di), Dizionario della civiltà etrusca. Firenze 1985
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- CUOMO DI CAPRIO 2007 CUOMO DI CAPRIO N., Ceramica in archeologia 2. Antiche tecniche di lavorazione e moderni metodi d’indagine. Roma 2007
- D’AGOSTINO 1998 D’AGOSTINO B., “A proposito di un’antefissa a gorgoneion da Chiusi”, in AAVV., In
memoria di Enrico Paribeni. Roma 1998, 31-38.
Altre fonti sono reperibili on-line: basta ricercare: temperatura di vetrificazione dell'argilla... http://www.tuttowebitalia.com/mat.../materiali-ceramici.html e vagliare i dati tecnici. Verificare quali fenomeni eruttivi sono avvenuti nel passato nell'area de Cratere Laziale, come l'ultima eruzione del cratere laziale... it.wikipedia.org/wiki/Vulcano_Laziale che giustificherebbe tale vetrificazione se il reperto fosse stato a contatto o in prossimità con della lava. Ci tengo a precisare che il reperto non è smentibile e che le foto mostrano un frammento di vaso in argilla realizzato da mano umana, recuperato nell'area archeologica del monte Peschio e Pilara... sul Monte Artemisio. Area archeologica di cui la soprintendenza di Roma ne ha completa mappatura. La ricerca scientifica è un'attività umana avente lo scopo di scoprire, interpretare e revisionare fatti, eventi, comportamenti o teorie relative alla natura usando i metodi scientifici, cioè basati sul metodo scientifico.
La ricerca scientifica è la metodologia usata per accrescere la conoscenza all'interno della scienza ed è ritenuta, in ambito economico, uno dei fattori chiave per la crescita economica e lo sviluppo economico della società nel medio-lungo periodo, in virtù della sua potenziale capacità di fornire innovazione attraverso l'applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche, favorendo così il progresso della società noto come progresso tecnico e scientifico. La ricerca scientifica è portata avanti dalla comunità scientifica secondo sue proprie metodologie di valutazione della ricerca.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Piramide di Rocca d'Arce (FR) - 2014
La scoperta è stata realizzata nel 2014, e mette in evidenza la struttura piramidale dell'altura collinare dove si trova oggi la cittadina di Rocca d'Arce (FR). Gli studi hanno permesso di comprendere cole tale struttura naturale sia stata antropizzata in un passato molto lontano. Essa è orientata verso l'Opera Plastica di Colle Maiola e verso le depressioni di Campoli Appennino e Monte Morrone. Tale orientamento non sarebbe casuale.
Un altro importante dato, emergente dalle mie ricerche è quello relativo all’orientamento della Piramide di Rocca D’Arce con Monte Cacume, rivolto in direzione Ovest rispetto alla Piramide sopracitata, e questo ci indica come Monte Cacume fosse un punto di repere astronomico utile ad indicare il tramonto, oltre che ad indicare la Latitudine del luogo!
Da Rocca D’Arce si può osservare il parallelo (ovvero la linea della latitudine) del luogo, constatando quale fosse (in passato) il punto in cui il Sole tramontava precisamente. La localizzazione dei meridiani e dei paralleli era di fondamentale importanza in passato perché con essi era possibile calcolare i Solstizi e gli Equinozi, e dunque possedere un orologio astronomico importante e fondamentale.
Come è possibile vedere dall’elaborazione grafica per mezzo di Google Earth, risulta oltremodo importante la presenza del picco di Monte Cacume, osservabile tra l’altro dall’intera area della Valle del Liri, come un picco di forma piramidale!
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Campoli Appennino e Monte Morrone - 2014
La scoperta è stata realizzata nel 2014 e riguarda l'allineamento verso il Solstizio Invernale di tre delle 5 depressioni pseudo-naturali presenti tra Campoli Appennino (FR) e Monte Morrone a Nord del Lago di Posta Fibreno. L'elemento archeoastronomico fa ipotizzare la possibilità che parte delle depressioni credute naturali, possano avere in realtà un'origine artificiale, realizzate cioè in un periodo storico assai lontano. Proseguendo nel mio studio relativo all’identificazione di aree plastiche megalitiche, ho avuto modo di rilevare (nel corso del-le prime settimane del 2015) la presenza di altri fori simili a quelli da me scoperti su Colle Maiola e che sembravano possedere degli allineamenti geometrici importanti. La formazione si trova nei pressi di Campoli Appennino e lungo l’area montana a lui adiacente in direzione S-E (Monte Morrone), dove sono presenti cinque depressioni, tre delle quali perfettamente alli-neate geometricamente lungo una sola retta, e tutte e cinque disposte geometricamente a formare una piccola costellazione. Anche in questo caso, le formazioni coniche sono in parte classificate come doline carsiche, ma credo personalmente che non si possa trattare solo di doline naturali vista la loro perfetta conformazione geometrica. Si tratta anche in questo caso di formazioni che possono essere state in parte realizzate e modificate artificialmente in un passato assai remoto e che dunque potrebbero essere state utilizzate a scopo religioso o quantomeno per culti legati agli astri e alle stelle. Anche in questo caso le tracce storiche sono assai scarse.
Anche l’opera plastica di Campoli Appennino e Monte Morrone, è un complesso megalitico allineato rispetto agli astri della volta celeste e più precisamente alla posizione del Sole nel corso dei solstizi, sia quello estivo che quello invernale. Dunque, anche tale formazione di fori sembra possedere caratteristiche che la riconducono ad altre aree del Lazio. Con molta probabilità ci troviamo di fronte allo stesso popolo che anticamente ha realizzato questo genere di opere distribuendole lungo un territorio vasto come sembra essere quello del Lazio (centro-sud). Ma in realtà a cosa servivano queste depressioni? Nel corso delle mie indagini sono riuscito a comprendere come esse fungevano da punti geografici per calcolare i solstizi e dunque possedevano un ruolo importante in un contesto di culto. L’enorme depressione visibile presso Campoli Appennino, ad esempio, si allinea con la depressione concava determinata dalle alture in lontananza, che sembrano sorreggere il Sole all’alba del mattino del 21 Giugno (Solstizio d’Estate). Per quanto riguarda invece l’allineamento delle depressioni ricavate sul Monte Morrone e a quella dello stesso Campoli Appennino, ho potuto scoprire come tre dei cinque fori si allineano perfettamente con la levata del Sole all’alba del 21 Dicembre (Solstizio d’Inverno). Proprio i tre fori allineati lungo la stessa retta, da me evidenziati rispetto alla totalità delle cinque depressioni, fungono da “mirino” geografico per identificare il punto preciso dove il Sole sembra sorgere. Non era quindi un caso che tali fori fossero allineati… l’utilizzo della scienza astronomica ha permesso di comprenderlo.
Ecco dunque svelato il mistero del misterioso allineamento visibile in questa area geografica, che vede correlata tra loro non solo la formazione geometrica dei cinque fori, ma anche la posizione del Sole rispetto a tre di essi, in un vero e proprio sistema di calcolo temporale che vede (ancora una volta) il Sole un punto fondamentale sul quale si basa l’intera opera plastica.
Ma non era tutto, nelle vicinanze era presente un sesto foro, a forma ellittica che aveva una grandissima importanza di collegamento con altri luoghi dove erano presenti tracce megalitiche, si trattava della depressione di Pescosolido.
Ma non era tutto, nelle vicinanze era presente un sesto foro, a forma ellittica che aveva una grandissima importanza di collegamento con altri luoghi dove erano presenti tracce megalitiche, si trattava della depressione di Pescosolido.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Opera Plastica di Colle Maiola (FR) Luglio/Agosto 2014
Depressioni concave orientate astronomicamente riconducibili alla Costellazione di Cassiopea
Tra il Luglio e l’Agosto del 2014, iniziai alcuni studi relativi all’area del basso Lazio, in particolar modo l’identificazione dei siti megalitici sparsi quasi ovunque nelle città saturnie, per cercare di trovare elementi di correlazione astronomici che potessero in un qualche modo fornire tracce di un passato ancora non conosciuto. In questo periodo feci una scoperta interessante. Osservando Colle Maiola, ovvero il promontorio davanti al quale è localizzata l’abbazia di Montecassino, si potevano notare delle aree circolari scavate lungo la montagna che non potevano essere in alcun modo naturali perché orientate.
Tali crateri artificiali, ricoperti dalla vegetazione si stagliavano lungo l’area perimetrale a Nord e N-N-W del promontorio suddetto dando l’impressione che fossero stati collocati lungo una linea geometrica ben precisa.
Tali crateri artificiali, ricoperti dalla vegetazione si stagliavano lungo l’area perimetrale a Nord e N-N-W del promontorio suddetto dando l’impressione che fossero stati collocati lungo una linea geometrica ben precisa.
La corrispondenza geometrica sembrò subito suggerire l’ipotesi che potesse trattarsi di una Costellazione, quasi probabilmente di quella di Cassiopea. La disposizione dei fori sulla montagna li facevano somigliare alle stelle principali di tale Costellazione pur con qualche sostanziale differenza. Infatti, la stella centrale (γ Cassiopea) sembrava spostata rispetto all’attuale posizione della stella verso la stella a lei prossima (Ruchbah) così come si osserva oggi. Andando a ritroso nel tempo le stelle della Costellazione di Cassiopea si spostano rispetto alla loro posizione attuale. Ebbene lo studio archeo-astronomico ha evidenziato come oltre 9.000 anni a.C., sotto certi aspetti, la loro disposizione fosse assai più simile rispetto ad oggi alla disposizione dei fori presenti su Colle Maiola:
Nel corso della mia indagine, ebbi modo quindi di elaborare va-rie spiegazioni a tale aberrazione geometri-ca, pur senza ottenere alcuna spiegazione in merito per diversi me-si. La cosa certa era che la Costellazione di Cassiopea simboleggiava la Grande Madre, ovvero l’antichissimo culto primordiale che come abbiamo visto abbracciava l’intera penisola Italiana, estendendosi da nord a sud. Ben presto, comunque, avrei ottenuto le risposte che cercavo, era solo questione di tempo.
Dopo aver scoperto la presenza dei fori megalitici presenti sulla montagna ed il loro allineamento geometrico e astronomico, ho cercato di capire quale fosse il loro utilizzo.
Di sicuro doveva trattarsi di un luogo di culto, proprio a fronte del fatto che questi fori richiamino la Costellazione della Cassiopea, che come accennato, anticamente rappresentava la Grande Madre e dunque un culto assai importante sparso ovunque sul nostro Pianeta.
Forse venivano riempiti con del legname che una volta incen-diato raffigurava le stelle del cielo, forse in questo modo affermavano la presenza della loro Dea?
Se così non fosse, non vedo proprio quale altro dovesse essere il loro utilizzo. Come terrapieni?
Ma per contenere cosa, visto che si tratta di fori che hanno l’aspetto di crateri? Forse erano delle cisterne (piccoli laghi) per conservare l’acqua piovana?
Ma perché avrebbero dovuto, visto che la zona risulta ancora oggi rigogliosa e ricca di sorgenti naturali? Ed infine, se si fosse trattato di terrapieni o di cisterne di acqua piovana perché le avrebbero dovute disporre lungo linee geometriche precise?
È ovvio che non lo erano affatto, e che tali allineamenti erano stati realizzati con uno scopo ben preciso. L’evidenza dei “fori” osservati sulla collina fa presupporre con molta probabilità che l’intera opera potesse avere in origine una funzione religiosa, relativa ad un culto astronomico.
Tale ipotesi è suffragata dal fatto che i cinque fori non sono ben visibili dall’abitato cittadino circostante (città di Cassino ad esempio) né sono visibili dai vari versanti presenti lungo il perimetro esterno del piccolo massiccio sul quale i fori sono localizzati.
Tale impossibilità di osservare quest’opera deriva principalmente dal fatto che i fori sono stati realizzati lungo le pareti di una collina che presenta una forma non regolare.
Due dei fori sono stati infatti realizzati lungo il versante che si affaccia a Nord-Ovest, e i restanti tre fori sono invece dislocati lungo il versante Sud-Est. Entrambi i versanti presentano un notevole piano scosceso e impervio.
Proprio per la conformazione di Colle Maiola e per la quota al-la quale tali fori sono stati realizzati, essi risultano non osservabili dal fondo della Piana di Cassino se non sotto forma di semplici tortuosità che seguono in linea visuale i contorni del Colle. Se allora tali fori non sono visibili dal basso, da un osservatore posto sul suolo, per quale motivo sono stati realizzati se si doveva trattare di un’opera rivolta alla consacrazione dell’uomo o di qualche antico umano?
La domanda che mi sono posto dopo aver studiato ed analizzato il luogo dove questi fori sono presenti è stata proprio la seguente: “Siamo sicuri che tale opera fosse rivolta all’uomo e non a qualche entità o Dio proveniente dal cielo?”.
Proprio per le caratteristiche sopracitate l’opera sembra rivolta verso il cielo, come a scrutare la volta celeste, risultando osservabile dunque solamente dall’alto e da una certa altezza!
Questa era la riprova del fatto, come ad esempio per le Piste di Nazca in Perù, che i fori dovevano far parte di un’unica opera plastica realizzata dall’uomo che poteva essere identificata solo se sorvolata dall’alto e da una particolare altezza… in parte era proprio quello che era accaduto a me, accorgendomi della presenza dei fori solo grazie all’utilizzo di una mappa ottenuta tramite satellite.
Nel corso dei numerosi studi iniziati da alcuni decenni, si è potuto dedurre come l’astronomia, per le antiche civiltà, fosse una scienza molto importante ed in grado di regolare la vita delle primordiali società che man mano si andavano formando.
Anche se oggi la tematica relativa all’archeoastronomia è una scienza riconosciuta a livello mondiale, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda i secoli passati, laddove tale evidenza non era ancora così chiara per la mancanza di una cultura che man mano si è andata poi ad affermare.
Detto questo, oggi sappiamo che le antichissime civiltà stanzia-te nel territorio italiano (ma che erano diffuse ovunque sul globo) erano in grado di utilizzare lo studio della volta celeste per regolare a livello temporale il perpetrarsi dei cicli annuali ai quali era indissolubilmente legata la loro vita.
Basti pensare ad esempio al calcolo delle stagioni e dunque alla suddivisione dell’anno in periodi più o meno fertili per l’agricoltura, per la pesca e la caccia. La conoscenza dei cicli lunari ai quali, ieri come oggi, sembra essere legata non solo l’agricoltura, ma i cicli naturali in genere, fu in passato una scienza estremamente importante legata anche a particolari culti. La conoscenza ad esempio delle maree e del meccanismo le-gato al movimento ciclico degli astri nel cielo erano senza dubbio un calendario importantissimo che aiutava questi antichissimi popoli a conoscere e ad identificare aspetti temporali molto importanti.
Un ruolo fondamentale era dato dal movimento del Sole e dei cicli legati alla variazione dell’elevazione dell’astro rispetto alla linea dell’orizzonte. Nel corso dei secoli, andando ad osservare attentamente il lento movimento della nostra stella, questi uomini avevano compreso che vi erano delle differenze di angolazione dell’eclittica osservata dalla Terra rispetto ad alcuni periodi dell’anno, differenze che erano da imputare al movimento del nostro Pianeta orbitante intorno al Sole e all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre.
Di sicuro doveva trattarsi di un luogo di culto, proprio a fronte del fatto che questi fori richiamino la Costellazione della Cassiopea, che come accennato, anticamente rappresentava la Grande Madre e dunque un culto assai importante sparso ovunque sul nostro Pianeta.
Forse venivano riempiti con del legname che una volta incen-diato raffigurava le stelle del cielo, forse in questo modo affermavano la presenza della loro Dea?
Se così non fosse, non vedo proprio quale altro dovesse essere il loro utilizzo. Come terrapieni?
Ma per contenere cosa, visto che si tratta di fori che hanno l’aspetto di crateri? Forse erano delle cisterne (piccoli laghi) per conservare l’acqua piovana?
Ma perché avrebbero dovuto, visto che la zona risulta ancora oggi rigogliosa e ricca di sorgenti naturali? Ed infine, se si fosse trattato di terrapieni o di cisterne di acqua piovana perché le avrebbero dovute disporre lungo linee geometriche precise?
È ovvio che non lo erano affatto, e che tali allineamenti erano stati realizzati con uno scopo ben preciso. L’evidenza dei “fori” osservati sulla collina fa presupporre con molta probabilità che l’intera opera potesse avere in origine una funzione religiosa, relativa ad un culto astronomico.
Tale ipotesi è suffragata dal fatto che i cinque fori non sono ben visibili dall’abitato cittadino circostante (città di Cassino ad esempio) né sono visibili dai vari versanti presenti lungo il perimetro esterno del piccolo massiccio sul quale i fori sono localizzati.
Tale impossibilità di osservare quest’opera deriva principalmente dal fatto che i fori sono stati realizzati lungo le pareti di una collina che presenta una forma non regolare.
Due dei fori sono stati infatti realizzati lungo il versante che si affaccia a Nord-Ovest, e i restanti tre fori sono invece dislocati lungo il versante Sud-Est. Entrambi i versanti presentano un notevole piano scosceso e impervio.
Proprio per la conformazione di Colle Maiola e per la quota al-la quale tali fori sono stati realizzati, essi risultano non osservabili dal fondo della Piana di Cassino se non sotto forma di semplici tortuosità che seguono in linea visuale i contorni del Colle. Se allora tali fori non sono visibili dal basso, da un osservatore posto sul suolo, per quale motivo sono stati realizzati se si doveva trattare di un’opera rivolta alla consacrazione dell’uomo o di qualche antico umano?
La domanda che mi sono posto dopo aver studiato ed analizzato il luogo dove questi fori sono presenti è stata proprio la seguente: “Siamo sicuri che tale opera fosse rivolta all’uomo e non a qualche entità o Dio proveniente dal cielo?”.
Proprio per le caratteristiche sopracitate l’opera sembra rivolta verso il cielo, come a scrutare la volta celeste, risultando osservabile dunque solamente dall’alto e da una certa altezza!
Questa era la riprova del fatto, come ad esempio per le Piste di Nazca in Perù, che i fori dovevano far parte di un’unica opera plastica realizzata dall’uomo che poteva essere identificata solo se sorvolata dall’alto e da una particolare altezza… in parte era proprio quello che era accaduto a me, accorgendomi della presenza dei fori solo grazie all’utilizzo di una mappa ottenuta tramite satellite.
Nel corso dei numerosi studi iniziati da alcuni decenni, si è potuto dedurre come l’astronomia, per le antiche civiltà, fosse una scienza molto importante ed in grado di regolare la vita delle primordiali società che man mano si andavano formando.
Anche se oggi la tematica relativa all’archeoastronomia è una scienza riconosciuta a livello mondiale, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda i secoli passati, laddove tale evidenza non era ancora così chiara per la mancanza di una cultura che man mano si è andata poi ad affermare.
Detto questo, oggi sappiamo che le antichissime civiltà stanzia-te nel territorio italiano (ma che erano diffuse ovunque sul globo) erano in grado di utilizzare lo studio della volta celeste per regolare a livello temporale il perpetrarsi dei cicli annuali ai quali era indissolubilmente legata la loro vita.
Basti pensare ad esempio al calcolo delle stagioni e dunque alla suddivisione dell’anno in periodi più o meno fertili per l’agricoltura, per la pesca e la caccia. La conoscenza dei cicli lunari ai quali, ieri come oggi, sembra essere legata non solo l’agricoltura, ma i cicli naturali in genere, fu in passato una scienza estremamente importante legata anche a particolari culti. La conoscenza ad esempio delle maree e del meccanismo le-gato al movimento ciclico degli astri nel cielo erano senza dubbio un calendario importantissimo che aiutava questi antichissimi popoli a conoscere e ad identificare aspetti temporali molto importanti.
Un ruolo fondamentale era dato dal movimento del Sole e dei cicli legati alla variazione dell’elevazione dell’astro rispetto alla linea dell’orizzonte. Nel corso dei secoli, andando ad osservare attentamente il lento movimento della nostra stella, questi uomini avevano compreso che vi erano delle differenze di angolazione dell’eclittica osservata dalla Terra rispetto ad alcuni periodi dell’anno, differenze che erano da imputare al movimento del nostro Pianeta orbitante intorno al Sole e all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre.
Tali mutamenti astronomici determinavano (e determinano an-cora) le stagioni dando luogo alle caratteristiche variazioni naturali che nell’arco di un anno si possono apprezzare (fioritura, caduta delle foglie, crescita dei frutti, l’accoppiamento degli animali in specifici giorni dell’anno, comportamento ciclico degli animali migratori, e quant’altro). Cicli che influenzavano anche la stessa vita dell’uomo legata all’intero caleidoscopio astronomico. Ancora oggi determinate “teorie” non sembrano essere accettate ufficialmente dalla scienza, ma in passato i principi astronomici erano una scienza conosciuta ed utilizzata su scala globale. Come già accennato i principi dell’astronomia gettarono le basi per un nuovo concetto di culto; un concetto di culto che si è poi andato dissipandosi in seguito all’estinzione di tali civiltà. Ancora oggi i concetti dell’archeoastronomia potrebbero sembrare concetti proibitivi per chi volesse approcciarsi ad un nuovo concetto di culto legato ancestralmente con i movimenti degli astri, figuriamoci quali difficoltà avrebbero dovuto incontrare dei primordiali uomini (primordiali per la scienza ufficiale) che avessero dovuto approcciarsi al calcolo delle fasi lunari, al calcolo degli equinozi, al calcolo dei solstizi, al calcolo dell’elevazione di alcune costellazioni e stelle e della loro esatta posizione nel cielo rispetto a dei punti geografici precisi quali: colline, montagne, e complessi architettonici realizzati in pietra.
A tutto questo va aggiunta la difficoltà che teoricamente queste civiltà avrebbero posseduto in relazione alle loro conoscenze legate alla matematica, alla fisica, alla geologia, alla geografia, alla chimica ed a tutte quelle scienze che oggi giorno regolano la vita della nostra società per mezzo dei loro concetti ed assiomi.
A fronte di quanto sin ora affermato e di quanto emerso dai miei studi, sembra assai improbabile che tali civiltà non conoscessero dei concetti scientifici. Tutt’altro!
Questi popoli dovevano essere assai avanzati, dovevano possedere profonde conoscenze nei riguardi dell’astronomia, della geologia e delle tecniche di costruzione, addirittura assai più avanzate delle nostre. Concetti e conoscenze che andavano ben oltre a quelle degli antichi romani e a quelle di altri popoli temporalmente postumi. Chi fossero e come vivessero è ancora oggi un mistero.
Il Solstizio d’Inverno rappresentava occasione di festività di vario genere: il Sol Invictus per i pagani; i Saturnalia nell'antica Roma (dal 17 al 23 Dicembre); il Natale per il cristianesimo, residui del quale resistono ancora oggi; Yule nel neopaganesimo.
In Gran Bretagna, a Stonehenge, sopravvivono gli imponenti ruderi di un tempio druidico: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto “pietra del calcagno” (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, Tallone del frate). Al Solstizio d’Estate il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehen-ge, insomma, sarebbe non solo un tempio, ma anche un calen-dario.
A Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.
Tracce di culti solari si incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all'Africa alle Americhe, e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il Sole è la Vita mentre la Luna la Morte, in Indonesia il Sole si identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il Sole, creatore della Terra.
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al quindicesimo secolo, la divinità Inti è il Sole, sovrano della Terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i “Mojones”, torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il “Torreon”, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'“Intihuatana”, un orologio solare ricavato nella roccia. Per i Maya il Sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.
Tra gli indiani d'America il Sole è simbolo della potenza e del-la provvidenza divina. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la Luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane.
Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive, nostre contemporanee.
Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il Sole durante la notte rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di parti-celle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare.
Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal Sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramses II nel tredicesimo secolo a.C., era dedicato al culto del Sole.
Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso Nord, scorreva nella valle di Dait che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a Est.
Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli.
Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari.
Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni.
Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati “merket”: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario.
Il loro anno era di 365 giorni esatti, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.
Il Solstizio d’Estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Batti-sta, cosiddetta Notte di San Giovanni o Notte di mezza estate.
A tutto questo va aggiunta la difficoltà che teoricamente queste civiltà avrebbero posseduto in relazione alle loro conoscenze legate alla matematica, alla fisica, alla geologia, alla geografia, alla chimica ed a tutte quelle scienze che oggi giorno regolano la vita della nostra società per mezzo dei loro concetti ed assiomi.
A fronte di quanto sin ora affermato e di quanto emerso dai miei studi, sembra assai improbabile che tali civiltà non conoscessero dei concetti scientifici. Tutt’altro!
Questi popoli dovevano essere assai avanzati, dovevano possedere profonde conoscenze nei riguardi dell’astronomia, della geologia e delle tecniche di costruzione, addirittura assai più avanzate delle nostre. Concetti e conoscenze che andavano ben oltre a quelle degli antichi romani e a quelle di altri popoli temporalmente postumi. Chi fossero e come vivessero è ancora oggi un mistero.
Il Solstizio d’Inverno rappresentava occasione di festività di vario genere: il Sol Invictus per i pagani; i Saturnalia nell'antica Roma (dal 17 al 23 Dicembre); il Natale per il cristianesimo, residui del quale resistono ancora oggi; Yule nel neopaganesimo.
In Gran Bretagna, a Stonehenge, sopravvivono gli imponenti ruderi di un tempio druidico: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto “pietra del calcagno” (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, Tallone del frate). Al Solstizio d’Estate il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehen-ge, insomma, sarebbe non solo un tempio, ma anche un calen-dario.
A Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.
Tracce di culti solari si incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all'Africa alle Americhe, e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il Sole è la Vita mentre la Luna la Morte, in Indonesia il Sole si identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il Sole, creatore della Terra.
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al quindicesimo secolo, la divinità Inti è il Sole, sovrano della Terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i “Mojones”, torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il “Torreon”, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'“Intihuatana”, un orologio solare ricavato nella roccia. Per i Maya il Sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.
Tra gli indiani d'America il Sole è simbolo della potenza e del-la provvidenza divina. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la Luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane.
Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive, nostre contemporanee.
Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il Sole durante la notte rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di parti-celle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare.
Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal Sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramses II nel tredicesimo secolo a.C., era dedicato al culto del Sole.
Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso Nord, scorreva nella valle di Dait che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a Est.
Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli.
Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari.
Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni.
Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati “merket”: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario.
Il loro anno era di 365 giorni esatti, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.
Il Solstizio d’Estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Batti-sta, cosiddetta Notte di San Giovanni o Notte di mezza estate.
Altro punto essenziale di discussione risulta essere quella del metodo utilizzato per realizzare l’opera.
Come è stato possibile realizzare un perfetto allineamento di tre dei cinque fori scavati sulla nuda roccia della Collina?
Che metodi hanno utilizzato? Se calcoliamo infatti che i cinque fori sono stati costruiti a quote differenti gli uni rispetto agli altri, e che quelli presenti in corrispondenza della zona N-W, non sono visibili dal lato opposto (dove sono presenti i restanti tre fori), ci si rende conto dell’enorme complessità incontrata da chi ha dovuto realizzare l’enorme opera plastica presente su Colle Maiola, pur mantenendo una conformazione geometrica assai precisa se osservata dall’alto che corrisponde in modo inequivocabile alla Costellazione della Cassiopea. I molti secoli trascorsi, dall’epoca in cui fu realizzata l’opera, hanno di sicuro cambiato la morfologia originale dei fori alterandone per sempre le dimensioni.
Oggigiorno ad esempio, all’interno delle strutture concave è presente una fitta e rigogliosa vegetazione che con tutta probabilità un tempo non esisteva.
Le alterazioni naturali determinate dal tempo, dagli agenti atmosferici e dall’imboschimento del complesso di Colle Maiola, hanno fatto si che nel corso degli ultimi decenni tali formazioni siano gradualmente scomparse dalla memoria storia dell’uomo, venendo assorbite dal paesaggio circostante il quale non ha dato possibilità ad alcuno di individuarle e di riconoscerle.
Nel corso delle mie indagini avvenute lungo l’intero territorio dei Castelli Romani, ho potuto conoscere e apprendere alcune tecniche utilizzate in epoca preromana, che servivano a realizzare la costruzione di tunnel sotterranei.
Tali tecniche seppure basate su primordiali concetti di geometria erano assai efficaci ad esempio per la realizzazione di tunnel rettilinei, e servivano per comprendere quale fosse il decorso di un determinato passaggio sotterraneo, per comprendere quale fosse la sua inclinazione e posizione rispetto alla superficie del terreno che si trovava anche a diversi metri al di sopra di esso.
Ovviamente in antichità non erano disponibili sensori GPS, laser e bussole digitali utilizzate oggi per la costruzione di strumenti impiegati nella realizzazione di tunnel e gallerie auto-stradali.
Come era però possibile che antichissimi uomini potessero realizzare una raffigurazione tanto precisa della Costellazione di Cassiopea utilizzando semplici corde e bastoni ed adoperando di certo arnesi rudimentali? Come è stato possibile appurare nel corso dei secoli, le conoscenze di tali civiltà erano assai più avanzate di quanto possiamo immaginare, erano infatti in grado di scavare la dura roccia vulcanica con sistemi e mezzi che sembrano essere basati su una primordiale trivella, erano in grado di realizzare un taglio delle pietre praticamente perfetto e potevano sollevare massi pesanti centinaia di tonnellate. Come facessero è ancora oggi un mistero, ma che fossero capaci di realizzare tutto ciò è oramai certo. Dunque anche l’opera plastica di Colle Maiola rappresenta qualcosa di inspiegabile ma che per certi versi, se consideriamo ciò che i Pelasgi e i Ciclopi sono stati in grado di realizzare, risulta qualcosa di plausibile in un contesto storico ancora poco conosciuto.
Come è stato possibile realizzare un perfetto allineamento di tre dei cinque fori scavati sulla nuda roccia della Collina?
Che metodi hanno utilizzato? Se calcoliamo infatti che i cinque fori sono stati costruiti a quote differenti gli uni rispetto agli altri, e che quelli presenti in corrispondenza della zona N-W, non sono visibili dal lato opposto (dove sono presenti i restanti tre fori), ci si rende conto dell’enorme complessità incontrata da chi ha dovuto realizzare l’enorme opera plastica presente su Colle Maiola, pur mantenendo una conformazione geometrica assai precisa se osservata dall’alto che corrisponde in modo inequivocabile alla Costellazione della Cassiopea. I molti secoli trascorsi, dall’epoca in cui fu realizzata l’opera, hanno di sicuro cambiato la morfologia originale dei fori alterandone per sempre le dimensioni.
Oggigiorno ad esempio, all’interno delle strutture concave è presente una fitta e rigogliosa vegetazione che con tutta probabilità un tempo non esisteva.
Le alterazioni naturali determinate dal tempo, dagli agenti atmosferici e dall’imboschimento del complesso di Colle Maiola, hanno fatto si che nel corso degli ultimi decenni tali formazioni siano gradualmente scomparse dalla memoria storia dell’uomo, venendo assorbite dal paesaggio circostante il quale non ha dato possibilità ad alcuno di individuarle e di riconoscerle.
Nel corso delle mie indagini avvenute lungo l’intero territorio dei Castelli Romani, ho potuto conoscere e apprendere alcune tecniche utilizzate in epoca preromana, che servivano a realizzare la costruzione di tunnel sotterranei.
Tali tecniche seppure basate su primordiali concetti di geometria erano assai efficaci ad esempio per la realizzazione di tunnel rettilinei, e servivano per comprendere quale fosse il decorso di un determinato passaggio sotterraneo, per comprendere quale fosse la sua inclinazione e posizione rispetto alla superficie del terreno che si trovava anche a diversi metri al di sopra di esso.
Ovviamente in antichità non erano disponibili sensori GPS, laser e bussole digitali utilizzate oggi per la costruzione di strumenti impiegati nella realizzazione di tunnel e gallerie auto-stradali.
Come era però possibile che antichissimi uomini potessero realizzare una raffigurazione tanto precisa della Costellazione di Cassiopea utilizzando semplici corde e bastoni ed adoperando di certo arnesi rudimentali? Come è stato possibile appurare nel corso dei secoli, le conoscenze di tali civiltà erano assai più avanzate di quanto possiamo immaginare, erano infatti in grado di scavare la dura roccia vulcanica con sistemi e mezzi che sembrano essere basati su una primordiale trivella, erano in grado di realizzare un taglio delle pietre praticamente perfetto e potevano sollevare massi pesanti centinaia di tonnellate. Come facessero è ancora oggi un mistero, ma che fossero capaci di realizzare tutto ciò è oramai certo. Dunque anche l’opera plastica di Colle Maiola rappresenta qualcosa di inspiegabile ma che per certi versi, se consideriamo ciò che i Pelasgi e i Ciclopi sono stati in grado di realizzare, risulta qualcosa di plausibile in un contesto storico ancora poco conosciuto.
Le importantissime tracce da me rintracciate, presagivano scenari incredibili per la scienza, scenari che vedevano l’esistenza di un popolo assai avanzato sotto ogni punto di vita. Ovviamente ogni ipotesi a questo punto era possibile. C’erano altre prove che erano in grado di dimostrare quale fosse la reale natura di tale opera plastica? Era possibile comprendere quale fosse stato il suo utilizzo e quale era il motivo della strana forma non perfettamente in asse rispetto a quella della costellazione di Cassiopea? Le risposte giunsero proprio nel Marzo del 2015, quando il mio studio (iniziato pochi mesi prima), arrivò ad una svolta importantissima.
Fu proprio in quel periodo che confrontando i dati relativi all’orientamento astronomico di Colle Maiola, fui in grado di comprendere come tre delle cinque depressioni (esattamente quelle allineate) erano state realizzate considerando il punto in cui il Sole sorgeva il 21 Dicembre. In parole povere le tre depressioni erano allineate con il Solstizio invernale! Questa scoperta gettò luce su tutti i punti interrogativi che nel frattempo erano emersi. Prima di tutto spiegava il perché della forma “non geometricamente perfetta” dei fori di Colle Maiola, rispetto a quella assunta dalle stelle osservate nella costellazione astronomica della Cassiopea. Tale discrepanza era dovuta al fatto che il foro che sembrava trovarsi spostato rispetto alla posizione assunta “γ Cassiopea” era stata spostata appositamente per mantenere l’orientamento con gli altri due fori:
Questo era dovuto ad un bisogno di progettazione fondamentale che serviva a delineare una retta orientata verso il Solstizio invernale. Se la depressione fosse stata realizzata nel punto esatto della stella non si sarebbe potuto osservare alcun orientamento. Un’altra importante risposta che tale ultima scoperta aveva evidenziato era dunque l’utilizzo reale che tale opera aveva. Avevo compreso perché la posizione della stella era stata spostata, ed ora avevo anche compreso quale era la sua funzione. Una funzione legata ad un culto astronomico.
La sua reale datazione dunque non di discostava quindi da quella da me ipotizzata in precedenza proprio perché tale culto (quello della Cassiopea) era stato confermato grazie ad altri importanti ritrovamenti (avvenuti in Liguria), come ho avuto modo di spiegare precedentemente.
Fu proprio in quel periodo che confrontando i dati relativi all’orientamento astronomico di Colle Maiola, fui in grado di comprendere come tre delle cinque depressioni (esattamente quelle allineate) erano state realizzate considerando il punto in cui il Sole sorgeva il 21 Dicembre. In parole povere le tre depressioni erano allineate con il Solstizio invernale! Questa scoperta gettò luce su tutti i punti interrogativi che nel frattempo erano emersi. Prima di tutto spiegava il perché della forma “non geometricamente perfetta” dei fori di Colle Maiola, rispetto a quella assunta dalle stelle osservate nella costellazione astronomica della Cassiopea. Tale discrepanza era dovuta al fatto che il foro che sembrava trovarsi spostato rispetto alla posizione assunta “γ Cassiopea” era stata spostata appositamente per mantenere l’orientamento con gli altri due fori:
Questo era dovuto ad un bisogno di progettazione fondamentale che serviva a delineare una retta orientata verso il Solstizio invernale. Se la depressione fosse stata realizzata nel punto esatto della stella non si sarebbe potuto osservare alcun orientamento. Un’altra importante risposta che tale ultima scoperta aveva evidenziato era dunque l’utilizzo reale che tale opera aveva. Avevo compreso perché la posizione della stella era stata spostata, ed ora avevo anche compreso quale era la sua funzione. Una funzione legata ad un culto astronomico.
La sua reale datazione dunque non di discostava quindi da quella da me ipotizzata in precedenza proprio perché tale culto (quello della Cassiopea) era stato confermato grazie ad altri importanti ritrovamenti (avvenuti in Liguria), come ho avuto modo di spiegare precedentemente.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Civita di Artena (RM) - 2014
Orientamento astronomico della cinta muraria della Civita - Osservatorio Astronomico Megalitico
Durante degli studi realizzati nel corso della mia personale ricerca (avvenuta nell’area a ridosso del Vulcano Laziale, dove sono disposte ancora oggi le tracce di mura megalitiche), sono emersi dati importanti che inducono a pensare come anche la Civita di Artena, fosse in passato il centro di un immenso calendario astronomico, similmente a ciò che era emerso per l’area del sopracitato Cratere Laziale. Come già spiegato nei capitoli precedenti, l’utilizzo dell’astronomia è indispensabile per comprendere l’età di un determinato sito archeologico e nello stesso tempo comprendere quali fossero le reali conoscenze che gli antichissimi popoli possedevano. In ogni caso, risulta oltremodo palese che essi si servivano della morfologia del territorio per eseguire lo studio e il calcolo del tempo ciclico e millenario. Per questo erigevano muri e costruzioni perfettamente orientate con gli astri, e costruivano i luoghi dove vivevano, in modo matematicamente perfetto, ordinato cioè lungo assi geometrici ben precisi e mai casuali.
Ciò che è emerso dallo studio del sito della Civita di Artena dimostra proprio questo. Nella ricostruzione, si può notare ad esempio il punto in cui il Sole sembra sorgere in due distinti momenti dell’anno: il Solstizio d’Estate e d’inverno.
Questi due momenti dell’anno ci danno la massima elevazione del Sole rispetto ai due momenti dell’anno che contraddistinguono il lento movimento nel cielo dell’astro, e sono in grado di fornire precisi markers temporali. Le linee più lunghe ci indicano la direzione dove guardare per osservare il punto in cui il Sole sorge, mentre le linee perimetrali ricalcano le mura megalitiche e l’area dove sono presenti tracce archeologiche antichissime.
È evidente come i muri perimetrali (evidenziati nella grafica) siano costruiti, ed in parte allineati, con gli assi immaginari che si dirigono verso i punti in cui il Sole sorge nel corso dei solstizi. Ciò che l’evidenza dello studio astronomico da me intrapreso è in grado di far comprendere, è che ogni sito megalitico debba essere approcciato approfonditamente, senza lasciare nulla al caso. Se questo è ciò che emerge (nuovamente) dalle mie personali indagini, allora significa che ci troviamo di fronte alle tracce di un popolo antico e talmente avanzato nella tecnologia che affibbiare a tali popoli l’appellativo di semplici tagliapietre diventa davvero qualcosa di deplorevole.
Questi due momenti dell’anno ci danno la massima elevazione del Sole rispetto ai due momenti dell’anno che contraddistinguono il lento movimento nel cielo dell’astro, e sono in grado di fornire precisi markers temporali. Le linee più lunghe ci indicano la direzione dove guardare per osservare il punto in cui il Sole sorge, mentre le linee perimetrali ricalcano le mura megalitiche e l’area dove sono presenti tracce archeologiche antichissime.
È evidente come i muri perimetrali (evidenziati nella grafica) siano costruiti, ed in parte allineati, con gli assi immaginari che si dirigono verso i punti in cui il Sole sorge nel corso dei solstizi. Ciò che l’evidenza dello studio astronomico da me intrapreso è in grado di far comprendere, è che ogni sito megalitico debba essere approcciato approfonditamente, senza lasciare nulla al caso. Se questo è ciò che emerge (nuovamente) dalle mie personali indagini, allora significa che ci troviamo di fronte alle tracce di un popolo antico e talmente avanzato nella tecnologia che affibbiare a tali popoli l’appellativo di semplici tagliapietre diventa davvero qualcosa di deplorevole.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: Libri
Da un interessante articolo pubblicato negli anni '80, si evince come vi fossero persone in contatto con certi tipi di entità, con le quali erano in grado poi di indagare il nostro lontano passato. Anche in questo caso la tecnica è la medesima da millenni: il contatto con entità provenienti da mondi e dimensioni lontane sono in grado di fornire indicazioni importanti per la comprensione del nostro passato... una tecnica utilizzata anche dal Dott. Daniele Cataldi, che ha sempre fornito risultati importanti, dietro lo scetticismo di quanti non conoscono tale particolare mondo della ricerca. Eppure la storia ci insegna che anche i Tedeschi in piena epoca bellica erano solidi attingere a tali fonti... come del resto avviene sull'intero globo ancora oggi, seppur si tengano questo genere di informazioni assai nascoste, per ovvi motivi:
Il Dott. Daniele Cataldi arrivò alle medesime conclusioni, grazie ai contatti con altre entità, che hanno guidato da sempre la propria ricerca, ma anche grazie all'utilizzo di tecnologie più avanzate rispetto agli anni '80.
Monte Fiore - Rocca Priora (RM) - 2014
Orientamento astronomico dell'altura rispetto al Solstizio Estivo
In alto, Piramide marziana della Valle di Cydonia, a pianta pentagonale, e a destra quella che oramai può essere definita la Piramide di Monte fiore, sempre a pianta pentagonale.
Monte Fiore è una collina rotondeggiante caratterizzata da un’altezza di circa 100 metri, essa possiede un’ampia base circolare ed è localizzata all’interno del Parco Regionale dei Ca-stelli Romani, precisamente nel Comune di Rocca Priora alle porte di Roma.
Le informazioni su questa particolare collina risalgono agli anni ’80, epoca in cui iniziarono i primi avvistamenti UFO nella zona, che continuarono poi sino al 2006/2007. Di recente, Monte Fiore è balzato alla cronaca ufologica per essere stato il teatro di un’importante ed interessante avvistamento UFO in cui è stata osservata aprirsi un’apertura sulla sua sommità, nella quale è fuoriuscito poi un oggetto luminoso ellittico e all’interno del quale, secondo altre interessanti testimonianze da me rintracciate nel corso degli anni, si sarebbero visti atterrare aeree militari privi di insegne. Queste testimonianze, aggiunsero via, via negli anni, un connotato di mistero estrema-mente marcato a tale collina, che risulta ancora oggi circondata da enigmi storici importanti. Uno tra questi venne ad esempio sollevato dall’Ingegner Pincherle, oggi scomparso, che annoverò tale formazione collinare all’interno di una classificazione archeologica antichissima che la vedeva una vera e propria “Piramide”, situata alla fine di una valle (Via del Vivaro) e che doveva contenere al suo interno camere e cunicoli artificiali.
Recentemente i miei studi hanno potuto dedurre che Monte Fiore sia in effetti una formazione collinare probabilmente modellata in tempi remotissimi da una remota civiltà, anche se le prove a suffragio di tale ipotesi sono ancora poche.
Le informazioni su questa particolare collina risalgono agli anni ’80, epoca in cui iniziarono i primi avvistamenti UFO nella zona, che continuarono poi sino al 2006/2007. Di recente, Monte Fiore è balzato alla cronaca ufologica per essere stato il teatro di un’importante ed interessante avvistamento UFO in cui è stata osservata aprirsi un’apertura sulla sua sommità, nella quale è fuoriuscito poi un oggetto luminoso ellittico e all’interno del quale, secondo altre interessanti testimonianze da me rintracciate nel corso degli anni, si sarebbero visti atterrare aeree militari privi di insegne. Queste testimonianze, aggiunsero via, via negli anni, un connotato di mistero estrema-mente marcato a tale collina, che risulta ancora oggi circondata da enigmi storici importanti. Uno tra questi venne ad esempio sollevato dall’Ingegner Pincherle, oggi scomparso, che annoverò tale formazione collinare all’interno di una classificazione archeologica antichissima che la vedeva una vera e propria “Piramide”, situata alla fine di una valle (Via del Vivaro) e che doveva contenere al suo interno camere e cunicoli artificiali.
Recentemente i miei studi hanno potuto dedurre che Monte Fiore sia in effetti una formazione collinare probabilmente modellata in tempi remotissimi da una remota civiltà, anche se le prove a suffragio di tale ipotesi sono ancora poche.
Un elemento molto importante ed interessante risulta essere il suo allineamento rispetto ad altri luoghi in cui sono state rinvenute opere megalitiche e questo, come abbiamo avuto modo di capire, non è mai un elemento casuale. Anche se oggi le pendici e la sommità di questa collina appaiono completamente spoglie, forse in passato ha ospitato elementi architettonici di quell’epoca (epoca ciclopica e pelasgica). Lo studio ha evidenziato come tale piccolo collinare dalla forma particolarmente levigata e arrotondata sia situato proprio lungo una retta che unisce l’antica Città megalitica di Norba, e le mura megalitiche presenti nell’odierna Città di Terracina. Luoghi importanti in cui la cultura pelasgica e ciclopica si svilupparono per un lungo periodo di tempo e che ancora oggi portano con se le testimonianze vivide di un popolo che era in grado di realizzare opere ciclopiche imponenti. Chi ha avuto modo di visitare Norba e Terracina sa a cosa mi riferisco. Ebbene, tale orientamento non appare certo casuale visto che Monte Fiore, Norba, Norma, Sezze e Terracina sono allineati lungo una retta che presenta una lunghezza di oltre 67 Km.
Chi era in grado di realizzare un allineamento tanto perfetto? Non dimentichiamoci che lungo tale allineamento troviamo anche la Città di Cori, in cui le tracce megalitiche risultano assai evidenti e perfettamente conservate all’interno del piccolo centro storico.
È proprio presso la città di Terracina che è visibile ciò che ancora oggi è conosciuto come il Tempio di Giove, costruito dagli antichi romani, ma ricavato sui resti di un’imponente opera megalitica assai precedente alla civiltà romana. Nel corso delle indagini realizzate sulla posizione geografica di Monte fiore, ho potuto evidenziare la presenza di un’esatta correlazione geometrica e del relativo allineamento della vetta all’alba del Solstizio d’Estate. In questo caso la Collina è caratterizzata da un’altura concava e di forma ellittica la quale appare divisa simmetricamente in due porzioni da una depressione non sferica a ad angolo acuto. Ebbene tale angolo è direttamente allineato con il Sole al suo sorgere.
È proprio presso la città di Terracina che è visibile ciò che ancora oggi è conosciuto come il Tempio di Giove, costruito dagli antichi romani, ma ricavato sui resti di un’imponente opera megalitica assai precedente alla civiltà romana. Nel corso delle indagini realizzate sulla posizione geografica di Monte fiore, ho potuto evidenziare la presenza di un’esatta correlazione geometrica e del relativo allineamento della vetta all’alba del Solstizio d’Estate. In questo caso la Collina è caratterizzata da un’altura concava e di forma ellittica la quale appare divisa simmetricamente in due porzioni da una depressione non sferica a ad angolo acuto. Ebbene tale angolo è direttamente allineato con il Sole al suo sorgere.
Tale evidenza non può essere ovviamente naturale, ma frutto dell’uomo o comunque di origine antropica. La collina oltre che essere allineata con importanti centri megalitici presenti nel Lazio è anche orientata astronomicamente e questo ci indica che tale altura sia stata in passato utilizzata per il calcolo del tempo basato sullo studio dell’astronomia.
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un’importante testimonianza che getta luce su un passato storico ancora sconosciuto e ci indica quanto l’area del Vivaro fosse stata in passato un luogo al centro di culti astronomici evidentissimi e importanti.
Ancora una volta vi erano testimonianze dirette lasciateci da una civiltà della quale oggi non sappiamo più niente, ma che un tempo doveva aver avuto una gloriosa espansione.
Dovevano esservi sicuramente altre tracce che ancora dovevo scovare e che si riferivano all’epoca in cui tale civiltà era fiorente. Il mio studio doveva quindi proseguire.
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un’importante testimonianza che getta luce su un passato storico ancora sconosciuto e ci indica quanto l’area del Vivaro fosse stata in passato un luogo al centro di culti astronomici evidentissimi e importanti.
Ancora una volta vi erano testimonianze dirette lasciateci da una civiltà della quale oggi non sappiamo più niente, ma che un tempo doveva aver avuto una gloriosa espansione.
Dovevano esservi sicuramente altre tracce che ancora dovevo scovare e che si riferivano all’epoca in cui tale civiltà era fiorente. Il mio studio doveva quindi proseguire.
Tra il Giugno e il Novembre 2015, viene scoperta l'esistenza di una correlazione "astronomica" tra Monte Fiore e una piccola collinetta situata proprio nei pressi delle sue pendici. In tale punto era possibile osservare la Via Lattea e la Costellazione del Cigno a perpendicolo sulla Piramide:
In questo caso, per quanto riguarda la costellazione del Cigno, bisogna ricordare gli studi di Andrew Collins, che notò come l'allineamento con le tre stelle della costellazione di Orione (sulle Piramidi Egizie) non fosse per nulla perfetto, le tre piramidi di Giza corrisponderebbero invece a un altro gruppo di stelle nella costellazione del Cigno: le cosiddette ali del Cigno (le stelle ε, γ e δ Cygni), che corrispondono alla perfezione con le tre Piramidi egizie.
In tale ambito, la presenza di tale correlazione sulla Piramide di Monte Fiore non sarebbe dunque casuale.
In tale ambito, la presenza di tale correlazione sulla Piramide di Monte Fiore non sarebbe dunque casuale.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Monte Salomone - 16 Marzo 2014
Orientamento astronomico della vetta a forma ellittica ed antropizzata, rispetto al Solstizio Estivo
Il 16 Marzo 2014, raggiungo la sommità del Tuscolo, scortato dall’associazione Longalba (www.longalba.it).
I tempi di percorrenza del tratto sterrato da me intrapreso, caratterizzato dalla presenza di bellissime e maestose vallate ricche di vegetazione ed elementi architettonici di epoca romana, si sono aggirati intorno alle tre ore e mezza sia per l’andata che per il ritorno. Durante il percorso, abbiamo raggiunto diverse alture e località aventi i segni di civiltà pre-romane di cui oggi non sappiamo più nulla.
Elementi, che come avremo modo di approfondire risultano importanti perché correlati geograficamente con altre località vicine, luoghi che in tempi immemori facevano parte di antichi luoghi di culto, dove i popoli non solo professavano la loro religione, ma dove vivevano e stanziavano.
Parcheggiata la nostra automobile presso una piccola stradina nel comune di Rocca Priora (RM), cominciamo a percorrere un sentiero sterrato nei pressi della campagna adiacente al centro storico del paese.
I tempi di percorrenza del tratto sterrato da me intrapreso, caratterizzato dalla presenza di bellissime e maestose vallate ricche di vegetazione ed elementi architettonici di epoca romana, si sono aggirati intorno alle tre ore e mezza sia per l’andata che per il ritorno. Durante il percorso, abbiamo raggiunto diverse alture e località aventi i segni di civiltà pre-romane di cui oggi non sappiamo più nulla.
Elementi, che come avremo modo di approfondire risultano importanti perché correlati geograficamente con altre località vicine, luoghi che in tempi immemori facevano parte di antichi luoghi di culto, dove i popoli non solo professavano la loro religione, ma dove vivevano e stanziavano.
Parcheggiata la nostra automobile presso una piccola stradina nel comune di Rocca Priora (RM), cominciamo a percorrere un sentiero sterrato nei pressi della campagna adiacente al centro storico del paese.
Camminiamo lungo una stradina leggermente in salita, e giungiamo ad una sommità a forma “vaginale”: Monte Salomone, un luogo che in antichità doveva essere sicuramente un punto nevralgico, sede probabilmente di un qualche tipo di borgo neolitico. Giunti in questo interessante luogo, comincio ad eseguire le prime misurazioni del campo geomagnetico, notando l’importante presenza di un forte campo che si aggira intorno ai 56 μTesla. Un’intensità non sottovalutabile, la media dell’area è infatti compresa tra 38 e 39 μTesla!
L’asse che percorre in lunghezza il Monte Salomone, con l’altura a forma vaginale è quasi perfettamente orientato sull’asse magnetico E-W (279°W) e come avremo modo di vedere più avanti tale orientamento non è casuale. L’asse che si prolunga in direzione ovest (W), partendo dalla sommità a forma vaginale, raggiunge esattamente il Tuscolo, l’area archeologica di Tusculum, poi riutilizzata dagli antichi romani che ne hanno probabilmente alterato la morfologia.
Tale evidenza ci conferma come i due luoghi siano a tutti gli effetti allineati geograficamente, perché con molta probabilità facenti parte di una serie di antichissimi terrazzamenti dove si trovavano luoghi di culto di massima importanza.
Ma le importanti rivelazioni di Monte Salomone non finivano qui. Nel 2015, in seno ad un mio personale progetto di ricerca incentrato sullo studio astronomico delle aree collinari di origine pre-romana, ebbi modo di osservare chiaramente un orientamento astronomico della sommità di Monte Salomone, orientamento che era simile a quello di molte altre alture modellate dalla mano dell’uomo, plasmate in epoche in cui secondo la scienza ufficiale, non potevano esistere civiltà tanto avanzate. Se così fosse, tale fatto sarebbe capace di mettere in dubbio la stessa storia umana così come ci viene oggi raccontata. Più avanti affronteremo le varie epoche storiche riconosciute dalla scienza moderna e metteremo in risalto le incongruenze storiche relative alle costruzioni megalitiche e quelle relative alle opere plastiche realizzate da questa antichissima civiltà. Ma torniamo per un momento a Monte Salomone. Come è possibile osservare dalla ricostruzione realizzata per mezzo di Google Earth, nel momento in cui il Sole sorge durante il Solstizio d’Estate, l’asse longitudinale della sommità concava di Monte Salomone si orienta perfettamente con la nostra stella!
Il 6 Giugno 2016, nei pressi di una struttura simile a Monte Salomone è apparso un cropcircles. Le immagini sono eloquenti e possono essere facilmente verificate sul sito. Tale fatto desta scenari sconvolgenti degni di Peter Kolosimo.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: Daniele Cataldi - Books and Publications Spotlight | Lulu.
Monte Sambucaro - Circolo di Pietre - 2015
Orientamento astronomico al Solstizio Estivo del circolo di pietre
Una clamorosa scoperta, avvenuta nel 2011, ma resa nota soltanto nel Marzo 2012, sembra voler far riscrivere la storia del Basso Lazio e dell’Alto Casertano.
Di sicuro, quasi nessuno saprà di tale importantissima scoperta, malgrado questo, si parlò già da subito già di una “Stonehenge” ciociara. Per capire meglio di che cosa si tratta è opportuno partire dall’inizio, quando il fotografo Antonio Nardelli, navigando su “Google Map” scoprì qualcosa di incredibile, apparentemente mai notato prima da alcuno sulle pendici del Monte Sambucaro, nel territorio di San Vittore del Lazio (FR), a poca distanza dall’abitato montano della “Radicosa”. Ci troviamo al confine tra Lazio, Campania e Molise. Anzi, ad essere precisi il punto esatto in cui si incontrano i confini delle tre regioni, è proprio la vetta del Monte Sambucaro, alto poco più di 1200 metri slm.
Le immagini dal satellite permisero a Nardelli di notare una curiosa formazione geometrica, apparentemente artificiale, composta da almeno sette grandi cerchi concentrici.
Il problema era che non si riusciva assolutamente a comprende-re che cosa fossero quei cerchi. Soltanto una ricerca sul campo avrebbe potuto risolvere questo primo enigma. Ma una volta giunti sul posto, per i ricercatori guidati dallo stesso Nardelli non fu affatto semplice individuare le misteriose strutture circolari.
Soprattutto a causa della natura del terreno, costituito da pietraie e rocce affioranti. Alla fine i sette cerchi vennero individuati su un dosso del versante laziale del monte, a circa 800 m. slm.
Quelli che ormai vengono chiamati “Cerchi concentrici del Monte Sambucaro” sono formati da pietre e massi di tutte le dimensioni, accatastati l’uno sull’altro senza alcun uso di mal-te.
In superficie si vedono le pietre più piccole, quelle più grandi si trovano sepolte nel terreno.
Le dimensioni sono notevoli. Si pensi che il diametro del cerchio più esterno è di 50 metri.
Le sette circonferenze non sono in comunicazione una con l’altra. Non si tratta quindi di spirali o altre figure geometriche. I solchi tra un cerchio e l’altro sono piuttosto larghi ed in alcuni punti sono profondi anche mezzo metro.
Ma forse in passato lo erano anche di più e sono stati riempiti dai sedimenti del terreno.
La natura artificiale dell’enigmatico manufatto è inconfutabile. Ma chi l’ha realizzato, quando e per quali scopi? Ed inoltre, è possibile che nessuno li abbia mai notati prima? O forse, come spesso accade, non è stata data la giusta importanza?
Di sicuro, quasi nessuno saprà di tale importantissima scoperta, malgrado questo, si parlò già da subito già di una “Stonehenge” ciociara. Per capire meglio di che cosa si tratta è opportuno partire dall’inizio, quando il fotografo Antonio Nardelli, navigando su “Google Map” scoprì qualcosa di incredibile, apparentemente mai notato prima da alcuno sulle pendici del Monte Sambucaro, nel territorio di San Vittore del Lazio (FR), a poca distanza dall’abitato montano della “Radicosa”. Ci troviamo al confine tra Lazio, Campania e Molise. Anzi, ad essere precisi il punto esatto in cui si incontrano i confini delle tre regioni, è proprio la vetta del Monte Sambucaro, alto poco più di 1200 metri slm.
Le immagini dal satellite permisero a Nardelli di notare una curiosa formazione geometrica, apparentemente artificiale, composta da almeno sette grandi cerchi concentrici.
Il problema era che non si riusciva assolutamente a comprende-re che cosa fossero quei cerchi. Soltanto una ricerca sul campo avrebbe potuto risolvere questo primo enigma. Ma una volta giunti sul posto, per i ricercatori guidati dallo stesso Nardelli non fu affatto semplice individuare le misteriose strutture circolari.
Soprattutto a causa della natura del terreno, costituito da pietraie e rocce affioranti. Alla fine i sette cerchi vennero individuati su un dosso del versante laziale del monte, a circa 800 m. slm.
Quelli che ormai vengono chiamati “Cerchi concentrici del Monte Sambucaro” sono formati da pietre e massi di tutte le dimensioni, accatastati l’uno sull’altro senza alcun uso di mal-te.
In superficie si vedono le pietre più piccole, quelle più grandi si trovano sepolte nel terreno.
Le dimensioni sono notevoli. Si pensi che il diametro del cerchio più esterno è di 50 metri.
Le sette circonferenze non sono in comunicazione una con l’altra. Non si tratta quindi di spirali o altre figure geometriche. I solchi tra un cerchio e l’altro sono piuttosto larghi ed in alcuni punti sono profondi anche mezzo metro.
Ma forse in passato lo erano anche di più e sono stati riempiti dai sedimenti del terreno.
La natura artificiale dell’enigmatico manufatto è inconfutabile. Ma chi l’ha realizzato, quando e per quali scopi? Ed inoltre, è possibile che nessuno li abbia mai notati prima? O forse, come spesso accade, non è stata data la giusta importanza?
La scoperta che personalmente ho realizzato è come tale formazione sia a tutti gli effetti orientata presso il Solstizio Estivo.
All’alba del 21 Giugno (data del Solstizio d’Estate), il Sole sembra essere incastrato prospetticamente all’interno delle alture circostante proprio come a sorreggerlo. Grazie all’utilizzo di particolari software si evince come la scelta di realizzare quest’opera litica proprio si questa altura e sul punto in cui essa si trova, non è affatto casuale, ma suggerita anche dalla con-formazione delle montagne che, proprio il 21 Giugno, permettono al Sole di posizionarsi all’interno di una “conca” prospettica nella quale esso sembra adagiarsi, prima di sollevarsi.
Tale evidenza, non certo isolata nel territorio della Ciociaria, e in definitiva all’interno del territorio nazionale, sottolinea come i costruttori di tale orientamento e del circolo di pietre ancora visibile su Monte Sambucaro, sia in realtà stata realizzata da qualcuno che possedeva profonde conoscenze astronomiche. Non si tratta dunque, come qualche malinformato pensa, cioè di cumuli di pietre realizzate dai pastori in tempi recenti o post-bellici della Seconda Guerra Mondiale, ma di un’opera che prevede conoscenze astronomiche importanti. Si tratta di qual-cosa realizzato in questo luogo non casualmente, ma tenendo conto di elementi geografici singolari.
Sulle cime di quei monti, che prospetticamente avvolgono il disco solare nel corso dell’alba del 21 Giugno, si osservano ancora oggi i resti di quelli che secondo alcuni studiosi sarebbe opera dei Sanniti.
Sulle cime di quei monti, che prospetticamente avvolgono il disco solare nel corso dell’alba del 21 Giugno, si osservano ancora oggi i resti di quelli che secondo alcuni studiosi sarebbe opera dei Sanniti.
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Colle Rotondo (LT) - Giugno 2015
Orientamento astronomico della collina lungo l'asse solstiziale
Colle Rotondo fa parte del comune di Priverno, in provincia di Latina, nella regione Lazio da cui dista circa 7.3 km. Il suo nome deriva proprio da una piccola collina a forma allungata, peraltro molto caratteristica che ha richiamato la mia attenzione nel corso di alcune attività escursionistiche. Poco si sa di questa altura, ma gli studi che mi hanno portato a indagare lungo quest’area, hanno dimostrato come tale piccola collina naturale e in parte modellata dall’uomo sia orientata astronomicamente lungo il Solstizio Invernale (21 Dicembre). Del fatto che si tratti di una struttura naturale, alta circa 30 metri, non ci sono certamente dubbi, ma la forma allungata in direzione del Solstizio d’Inverno, indica che qualcuno l’ha modellata. Probabilmente migliaia di anni fa questa piccola altura ha subito un rimodellamento allo scopo di orientare la sua struttura verso il punto in cui (il 21 Dicembre) il Sole indica l’inizio dell’Anno Astronomico, ovvero il giorno del Solstizio Invernale, momento in cui la durata della notte è maggiore rispetto a quella delle ore diurne, dando la possibilità a chiunque, di scrutare la volta celeste con una durata di certo maggiore rispetto alle altre notti dell’anno.
In lontananza Monte di Mezzo e Monte delle Fate, determinano una conca naturale prospettica, dove il Sole sembra innalzarsi all’alba del 21 Giugno. Tale caratteristica è osservabile anche in altri siti orientati, allo stesso modo, con il Solstizio d’Inverno. Personalmente, credo che la stessa posizione di Colle Rotondo, situato in pianura e al centro di uno “stradone” contornato da alte montagne, sia una caratteristica non casuale. Tale struttura doveva essere simile ad una piccola piramide, la quale si poneva al centro di un “vialone” che la rendeva visibile addirittura dal mare.
In questo caso, come anche per altri luoghi simili, scopriamo il connubio tra il Sole e la Terra, ovvero l’unione dei gameti che danno origine alla vita. il Sole, visibile dalla sua sommità, è il simbolo maschile per eccellenza che sorge tra due montagne, le quali rappresentano il contatto con la Madre Pianeta, ovvero con il simbolo Femminile. In questo caso la simbologia del culto astronomico è evidentissima. La piana che sfocia sino al mare, diventa quello che in termini religiosi può essere definito un cammino simbolico, che forse un tempo indicava la strada per raggiungere la piccola struttura piramidale, dove era forse situato un tempio o una struttura litica utilizzata per osservare il cielo.
Purtroppo si tratta quasi totalmente di congetture, le uniche prove a suffragio di tali ipotesi sono quelle che il tempo ci ha lasciato, ovvero gli elementi naturali orientati verso il solstizio e la strana forma allungata anch’essa orientata. Chi l’abbia costruita è un mistero.
Purtroppo si tratta quasi totalmente di congetture, le uniche prove a suffragio di tali ipotesi sono quelle che il tempo ci ha lasciato, ovvero gli elementi naturali orientati verso il solstizio e la strana forma allungata anch’essa orientata. Chi l’abbia costruita è un mistero.
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Grotte - Lago Albano - Marzo 2016
Il 25 Marzo 2016, assieme al Ricercatore Riccardo Bellucci, vengono individuate e fotografare alcune Grotte localizzate sulla parte Nord del Cratere. Si tratta del primo video in assoluto che documenta tale scoperta.
Dopo i primi studi preliminari è emerso che la zona dove tali Grotte sono localizzate viene illuminata al Solstizio Invernale e nel periodo solstiziale appena citato. Potrebbe essere questo un elemento legato ad un culto astronomico/religioso? O si tratta di una mera ipotesi?
In alto le elaborazioni e le ricostruzioni 3D della fase dell'illuminazione solstiziale realizzata dall'autore. L'orientamento di tali grotte (linea gialla) con il sito archeologico delle Grotticelle è un elemento casuale particolare. Gli studi continuano.
Nei primi mesi del 2016, fu possibile inoltre appurare come il Menhir, fosse orientato astronomicamente con il tramonto del Solstizio Estivo. Tale scoperta pone questa struttura in un ambito molto importante, visto che nell'epoca Neolitica strutture come queste, aventi le medesime caratteristiche sorsero in tutta Europa.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: SITO EDITORIALE.
Menhir - Lago Albano - Aprile 2016
il 7 Aprile 2016, viene realizzata un'escursione aerea a ridosso del Cratere del Lago di Albano Laziale, allo scopo di documentare la presenza di una struttura naturale simile ad una "colonna di roccia", che in passato lo studioso Mario Pincherle, assieme al ricercatore Riccardo Bellucci, avevano identificato
L'escursione aerea ha permesso di identificare per la prima volta tale struttura naturale, formatasi a seguito di alcuni crolli della struttura litica della quale fa parte. In passato era forse utilizzata dall'uomo? Non si sa, ma gli studi nei prossimi mesi serviranno a comprendere questo interrogativo.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Doline Carsiche di Telese (BN)
Tra il 2015 e il 2016, venne scoperto l'allineamento astronomico e geometrico tra il gruppo di Doline Carsiche di Telese e il disco solare al tramonto, in due giorni particolari: Solstizio Estivo e Solstizio Invernale. In questi due momenti dell'anno, irripetibili, il disco Solare si poneva lungo un orientamento determinato dalla posizione di alcune delle Doline Carsiche di Telese. Secondo quanto è stato possibile appurare tale orientamento non sarebbe casuale, ma ben studiato. Oltre a questo è stato possibile comprendere come tale gruppo di doline sia in realtà orientato con due piramidi naturali rimaneggiate dall'uomo in epoca antichissima; parliamo della Piramide di Caiazzo e della Piramide di Fagianeria.
Non solo, tale orientamento è anche osservabile con altri gruppi di Doline orientate astronomicamente come ad esempio quelle di Monte Maiola e Monte Morrone, oltre che con la Piramide di Rocca d'Arce.
Non solo, tale orientamento è anche osservabile con altri gruppi di Doline orientate astronomicamente come ad esempio quelle di Monte Maiola e Monte Morrone, oltre che con la Piramide di Rocca d'Arce.
Le informazioni qui pubblicate sono parziali ed estrapolate dai libri scritti dall'autore. Per maggiori informazioni e dettagli potete visitare il sito editoriale al seguente indirizzo: www.lulu.com/danielecataldi.
Depressione Ogivale di Monte Cavallo - 24 Luglio 2016
Depressione a forma ogivale di probabile origine antropica, che è risultata orientata lungo l'asse N-S, e situata sulla sommità di un colle. Gli studi sono ancora in corso.
Lastrone in Pietra e la Piramide
12 Marzo 2017 - 14 Maggio 2017
Nel marzo del 2017, venne rinvenuto e per la prima volta studiato un complesso architettonico scavato sulla nuda pietra vulcanica, presso la caldera interna del vulcano laziale. La scoperta venne realizzata due anni prima, nel 2015 dalle ricercatore Riccardo Bellucci. Gli studi condotti dall'autore hanno permesso di comprendere che tale luogo era in passato un centro religioso e culturale dal quale veniva osservato il solstizio invernale. L'acqua prodotta dalle piogge e dalle fonti naturali si riversava su questo punto della roccia per realizzare giochi di acqua che poi servivano per i riti e il culto religioso. La presenza di una piramide scolpire interamente sulla roccia è sinonimo del fatto che in questo luogo si professavano particolari riti.
Metodologia Utilizzata
Il mio approccio adotta una metodologia di ricerca scientifica che si basa sul metodo induttivo[1], deduttivo[2] ed ipotetico-deduttivo o di verifica d’ipotesi[3].
[1] Permette di creare leggi a partire dall’osservazione dei fatti, mediante generalizzazione del comportamento osservato. http://www.mo-lwick.com.
[2] Aspira a dimostrare, mediante la logica pura, la conclusione nella sua totalità partendo da premesse, in modo da garantire la veracità delle conclusioni, se non si invalida la logica applicata. Si tratta del modello assiomatico proposto da Aristotele come il metodo scientifico ideale. http://www.molwick.com.
[3] Non implica, in principio, nessun problema, giacché la sua validità dipende dai risultati della stessa verifica. http://www.molwick.com.
[1] Permette di creare leggi a partire dall’osservazione dei fatti, mediante generalizzazione del comportamento osservato. http://www.mo-lwick.com.
[2] Aspira a dimostrare, mediante la logica pura, la conclusione nella sua totalità partendo da premesse, in modo da garantire la veracità delle conclusioni, se non si invalida la logica applicata. Si tratta del modello assiomatico proposto da Aristotele come il metodo scientifico ideale. http://www.molwick.com.
[3] Non implica, in principio, nessun problema, giacché la sua validità dipende dai risultati della stessa verifica. http://www.molwick.com.
I rischi di una ricerca poco condivisa
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